sabato 20 febbraio 2010

KIRGHISIA2

lunedì 1 febbraio 2010
Riflessioni di un immigrato..."Come vivere insieme nella diversità?"


"Come vivere insieme nella diversità?"
Un proverbio africano dice che " quando c´è la testa , non occorre che il ginocchio pretenda di voler portare il berretto" . E´ in questo senso che penso che ci siano voci più autorevoli della mia a parlare.
Con tutto il rispetto che vi devo, permettetemi con queste parole di raccontare ciò che si potrebbe qualificare come inesperienza, ignoranza errore di gioventù sotto l´albero intorno al quale siamo seduti tutti noi, generazioni confuse ...
Spero che dopo che avrò parlato, non sarò più visto come uno sconosciuto e avrò dato e ricevuto qualcosa.
Oggi, la tendenza al ripiegamento identitario guadagna di nuovo terreno; col pretesto di proteggere la propria cultura e la propria autenticità, di fronte agli effetti perversi della globalizzazione. O ancora di fronte al presupposto pericolo verde, giallo, bianco, nero....
Assistiamo a chiusure timorose allo sviluppo dei movimenti ultra-nazionalisti, a spinte di xenofobia sino agli estremi della pulizia etnica e del genocidio.
Nei paesi più prosperi che credevamo immuni da ciò gli attentati di NY , Madrid e Londra hanno fatto vacillare le convinzioni della maggior parte delle persone sulla coesistenza pacifica e sul dialogo interculturale. I modelli di tolleranza olandese e britannico hanno bruscamente vacillato, rilevando le loro fragilità. Le società hanno mostrato a quale punto lo spirito democratico, lontano dall´essere un principio solidamente radicato, fosse esposto e fragile.
Come vivere insieme nella diversità? La questione è cruciale e si pone con scottante attualità. Ci sono tanti che si interrogano oggi sui differenti modelli di gestione della pluralità, ma ognuno di essi ha mostrato i suoi limiti. Come concepire dunque un´altra maniera di VOLER vivere insieme che trascenda da differenti paradigmi, evitando gli scogli dell´ingenuità così come gli anatemi dell´ignoranza?
Nel momento in cui la tentazione al ripiegamento identitario guadagna terreno, Octavio Paz, grande poeta messicano, ci invita ad intraprendere un altro cammino "Tutte le culture nascono dal melange, dall´incontro e anche dallo scontro" sottolinea "al contrario, è dall´isolamento che muoiono le civiltà, dall´ossessione della purezza (il dramma degli aztechi, così come degli Incas, è nato dal loro totale isolamento, impreparati a confrontarsi con altre norme che non fossero le loro".
Per un mondo con più fraternità occorrerebbe che nell´elenco dei diritti fondamentali di ogni uomo e di ogni donna, comparisse anche il diritto ad essere conosciuti e ad essere conosciuti correttamente. Il primo diritto-dovere di un uomo è quello di conoscere se stesso e gli altri.
I pregiudizi sui quali dobbiamo vincere sono ancora numerosi e numerose sono le distorsioni e gli squilibri del modo in cui è stata presentata la storia antica e presente dei popoli colonizzati.
Troppo silenzio intorno ai fatti principali della nostra storia ed è essenziale conoscerli per comprendere le situazioni attuali.
La nostra cultura è stata spesso ignorata, minimizzata, mentre altre culture sono state esageratamente glorificate.
Se vogliamo istillare del rispetto per le culture degli altri, nello spirito dei giovani, i giovani stessi devono essere educati ed informati senza eccessivo sciovinismo.
Essi devono prendere coscienza che noi apparteniamo tutti alla stessa comunità umana e che il successo di ogni Paese è un arricchimento per gli altri.
Attualmente, la maggior parte dei messaggi antirazzisti è trasmessa da mezzi di comunicazione di massa; indirizzata ad occhi ed orecchie anonimi. Le campagne di informazione sono fatte dai robot. Tutto rimane a livello di slogan "Mai Più" ; "Non toccate mio fratello"; "Un Bianco vale un Nero" "Non siamo animali ...". A livello teorico sembra facile, ma nella realtà, nella vita di tutti i giorni le cose sono più difficili. E quando di fronte ad un qualsiasi cittadino europeo, asiatico, africano lo slogan si ripete, se il suo cuore non è mai stato toccato dall´altro, rimarrà egli stesso vittima della forza dei suoi pregiudizi e delle sue abitudini, contro i quali una informazione disumanizzata non può nulla.
Un vero cambiamento non sarà possibile fino a quando non sarà realizzato a livello individuale, a livello più intimo.
Kant nota che è nel problema dell´educazione che si fonda il segreto della perfezione della natura umana. Se noi riuscissimo a dare alle generazioni a venire un´educazione capace di elevarli al senso di responsabilità ed alla dignità umana, noi non avremmo lavorato invano. Ciò ci apre la prospettiva della felicità futura dell´umanità. C´è bisogno di un´educazione che permetta di comprendere l´altro e, cioè, di sviluppare una sensibilità verso i valori umani che l´altro esprime attraverso la sua cultura, le sue tradizioni, la sua etnia. Ciò richiede un rispetto nato da un sentimento di vicinanza e, perché non sognare un sentimento di fraternità, che è l´obiettivo finale?
Il problema del razzismo è un problema di incompetenza e di insensibilità nel´approccio all´altro. Quando c´è uno scambio affettivo, naturale e sano, la diversità è integrata naturalmente.
Io vorrei terminare proponendo che ci ispirassimo anche alla filosofia come modello di lotta perché molte risposte possono essere apportate grazie ad un´educazione filosofica.
Socrate diceva che tutte le discipline proprie della cultura umana portano un messaggio essenziale, che deve essere proposto attraverso un´educazione globale umanistica.
Occorre che la filosofia esca dalle vetrine, dai salotti e dalle Università per porsi al centro dell´educazione della città.
Solamente su questa strada noi possiamo provare a creare un´esperienza di coesistenza pacifica e di disarmo ideologico.
Anselme Guigma Gildas

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